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Inghilterra, inizio Ottocento, una goletta sta solcando l’oceano per portare in patria un prezioso carico. L’inizio del Pellegrino delle Stelle ricorda molto quello di un classico romanzo d’avventura di tematiche marinare.
Poi ecco arrivare il colpo di scena. Proprio nel mezzo del mare appare un gigantesco buco e  non c’è  modo per evitare che la nave ci finisca dentro. L’equipaggio si dilegua, a bordo rimangono solo il capitano Conrad, e due fedeli marinai, l’esperto Jonah e il giovane mozzo o’ Flagherty. Il Pellegrino precipita nell’apertura tra le onde, un varco dimensionale, dando inizio al suo più incredibile viaggio,  un vagabondare  nel cosmo alla ricerca della sperduta Terra.
Un Carlos Trillo in grande spolvero ci dona un avvincente alternarsi di realtà e fantasia. Infatti anche in quest’opera apparentemente votata verso l’immaginazione allo stato puro, non mancano le sue caustiche riflessioni sulla natura umana. Così tra le stranezze di esseri alieni, affiorano acute osservazioni sulle assurdità di certi nostri comportamenti che alla fine si rivelano controproducenti per noi stessi. La smania di arricchirsi oltre il lecito, assurde guerre fratricide, la ricerca di un effimero potere a tutti i costi. L’uomo non ci è mai sembrato così piccolo, messo di fronte alla grandezza dell’Universo e alle possibilità che potrebbe avere e che non vuole sfruttare. Il tutto viene rafforzato dal fatto che per qualsiasi mirabolante congegno appaia, Carlos Trillo gli riesca a trovare una spiegazione pseudo-scientifica, quasi a voler dire che in definitiva l’unica pazzia in circolo è quella che ci portiamo dentro. Una fiaba moderna, con la giusta dose di magia, umorismo e crudeltà, resa da par suo dal grande Enrique Breccia.